lunedì 4 aprile 2011

Abelardo ed Eloise

Abelardo ed Eloise
Nella Parigi del XII secolo, all’ombra della cattedrale di Notre Dame, accade una delle più belle storie d’amore di tutti i tempi. I protagonisti sono Abelardo ed Eloise, lui ha trentotto anni circa ed è al massimo del successo come insegnante presso la scuola-cattedrale di Notre Dame, lei ne ha sedici, è bella e colta, di statura alta ma ben proporzionata. Eloise pur avendo quasi diciassette anni era una donna già matura negli studi, ma anche pronta ad affrontare tutte le esperienze dell'amore, con la disponibilità e apertura della donna colta e intelligente. “Aveva tutto ciò che più seduce gli amanti”.
 Eloise vive con uno zio, il canonico Fulberto, molto avaro ma anche molto ansioso di vedere sua nipote (forse figlia) progredire sempre più nelle materie letterarie.
Abelardo se ne innamora e riesce, con l’intervento di amici, a farsi accogliere in casa di Fulberto, il quale aveva accettato di ospitare Abelardo nella convinzione che la cultura della nipote sarebbe stata ulteriormente arricchita delle lezioni del più celebre maestro di Parigi. Avvenne così che il maestro e l'allieva uniti sotto lo stesso tetto, si innamorarono l'uno dell'altra.
Inizia una storia d’amore che, l’immaginario collettivo, accomunerà ad altre coppie celebri di amanti come Paolo e Francesca, Tristano e Isotta, Romeo e Giulietta.
 “Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all'amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d'amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri... il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell'amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci”.
Se la passione di Abelardo era solo erotismo, per Eloise era amore pieno e dedizione assoluta quasi annullamento di se stessa, che durerà per tutta la vita "ti ho amato di un amore sconfinato …, mi è sempre stato più dolce il nome di amica, e se non ti scandalizzi, quello di amante, … il mio cuore non era con me ma con te”. Abelardo preso dalla passione dedica le notti all'amore e il giorno agli studi che non cura più con l'impegno di prima, tanto che le lezioni diventano poco accurate e fredde e non sono più, come egli stesso dice “frutto dell'ingegno ma della lunga pratica”. In questo periodo compone per Eloise struggenti poesie d'amore che giungono all'orecchio dei suoi studenti e si diffondono in tutta Parigi, diventando popolarissime grazie "alla dolcezza delle parole e alla bellezza del ritmo musicale". Fulberto, aperti finalmente gli occhi, caccia subito di casa Abelardo. Eloise rimane incinta. Quando lo comunica, per lettera, ad Abelardo, questi decide di portarla via con sé. Approfittando di un'assenza di Fulberto, Abelardo rapisce Eloise e la conduce al paese natale di Pallet, in Bretagna, ospitandola nella casa di famiglia. Qui, alla fine dell'anno 1116 partorisce un figlio, al quale viene dato il nome di Astrolabio (rapitore delle stelle).
Abelardo, sentendosi in colpa, si dichiara disposto a sposare Eloise, a condizione che il matrimonio rimanga segreto per non danneggiare la sua carriera. Egli, infatti, non è solo docente, ma è anche chierico, perciò non può sposarsi. Eloise è contraria al matrimonio perché avrebbe danneggiato Abelardo: “quante lacrime verserebbero coloro che amano la filosofia a causa del matrimonio... cos'hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi?”.
Tuttavia, tornati a Parigi, Eloise e Abelardo si sposano alla presenza di Fulberto e di pochi amici, senza rivelare pubblicamente il matrimonio, ma presto la famiglia di Eloise divulga la notizia. I due negano subito il fatto, ma per evitare scandali Abelardo manda Eloise nel monastero di Argenteuil dove era stata educata. I parenti pensano che Abelardo abbia costretto Eloise a farsi monaca per liberarsi di lei e decidono di vendicarsi: una notte, mentre Abelardo dorme nella sua casa, tre uomini lo aggrediscono e lo castrano.
In questa situazione infelice Abelardo decide di rifugiarsi in un monastero: “non fu una conversione ispiratami dalla devozione, bensì, lo ammetto, dalla confusione e dalla vergogna”.  Abelardo aggiunge che, “anche Eloise per mio ordine, preso prima il velo, entrò in monastero!”.
Era stata la vergogna e l'orgoglio ferito a portarlo a precipitare gli eventi, sia per se stesso, che per Eloise, che al monastero non vi era andata spontaneamente ma lui stesso l'aveva portata, chiedendole di prendere il velo. Eloise, tutta presa dall'amore per Abelardo non si sottrasse a questa richiesta, ma la sua volontà, in effetti, era stata forzata e lo fece sapere pronunciando, mentre prendeva il velo, tra lacrime e singhiozzi, il lamento di Cornelia (la giovane moglie di Pompeo, sconfitto da Giulio Cesare): “O nobilissimo sposo, o me, indegna di un simile talamo, quale diritto aveva la Fortuna su un uomo così grande?  Perché acconsentii, indegna a queste nozze, se dovevano renderti così infelice. Ora, che io accetti la pena e almeno la espii volontariamente!” (da Pharsalia di Lucano).
Le pesanti porte del monastero si chiudevano così per sempre alle spalle di una giovane di appena venti anni (1119), bella, intelligente e di elevata cultura, che avrebbe ben meritato un diverso destino. Da questo momento i due amanti si separano per sempre.
Abelardo è raggiunto dai suoi discepoli al monastero di San Dionigi (Saint Denis) per sollecitarlo a riprendere gli studi e le lezioni e se fino a quel momento si era dedicato ai ricchi, d'ora in poi le sue lezioni sono rivolte soprattutto ai poveri.  Grazie all’intervento dell’abate gli fu assegnato un eremo per insegnare e dedicarsi allo studio. Abelardo questa volta si era dedicato allo studio delle sacre scritture, abbandonando quello delle arti secolari che però gli studenti gli richiedevano con più frequenza, e lui ne approfittò buttando l'amo delle discipline secolari per poter invece parlar loro della vera filosofia, cioè della dottrina teologica. La notizia del duplice insegnamento non tardò a diffondersi e il grande maestro si vide arrivare una torma di allievi che aveva abbandonato i propri insegnanti per seguire le sue lezioni. Ciò non fece altro che far aumentare l'invidia e l'odio dei loro maestri nei suoi confronti.
Essi gli mossero l'accusa che la sua scelta monastica era incompatibile con le discipline filosofiche e, inoltre, che peccava di presunzione in quanto, pur non avendo avuto alcun maestro, si dedicava ugualmente all'insegnamento della teologia. Costoro, in effetti, volevano impedirgli di insegnare e facevano pressioni su vescovi, arcivescovi, abati e qualsiasi ecclesiastico potessero raggiungere.
In seguito ad una serie di vicissitudini che lo vedono perseguitato dai suoi rivali, invidiosi della fama raggiunta, e a una controversia sorta con i monaci del monastero di San Dionigi, lascia l’abazia e si reca nella cittadina di Provins in un eremo del convento dei monaci di Troyes, il cui priore era suo amico. Poi riconciliatosi con l’abate di San Dionigi, ottenne da questi il permesso di andare in un luogo solitario, a condizione che non si legasse a nessun'altra abbazia, in modo che il monastero non venisse privato dell'onore che gli conferiva la sua presenza.
Abelardo scelse un posto isolato e solitario dalle parti di Troyes, e, su un pezzo di terra che ottenne in regalo, avuto il consenso del vescovo, con l'aiuto di un chierico, costruì con canne e paglia, un oratorio che dedicò alla SS. Trinità. Gli studenti, venuto a sapere dove il loro maestro si era rifugiato, lo raggiunsero, accontentandosi di dormire su letti di paglia, in piccole capanne che si erano costruiti, alimentandosi con erbe selvatiche e pane duro. Costoro procuravano ad Abelardo tutto quello di cui avesse bisogno, cibo, abiti, coltivavano i campi, facevano fronte a tutte le spese, purché il loro maestro si dedicasse allo studio e non fosse distratto da alcuna preoccupazione materiale.
La durezza della vita alla quale questi scolari si erano sottoposti, agli occhi dei suoi nemici, costituiva motivo di gloria per il maestro, e di ignominia per loro. Costoro avevano fatto tutto ciò che avevano potuto contro Abelardo e alla fine si accorgevano che tutto si risolveva a suo vantaggio.
E quando l'oratorio costruito da Abelardo non poté contenere che una piccola parte di studenti, essi lo ricostruirono in pietra e legno. Abelardo che aveva dedicato l'oratorio che aveva costruito con le sue mani alla SS. Trinità, ora, sentendosi più sollevato, chiamò il nuovo oratorio <Paracleto cioè Consolatore>.
I guai per Abelardo non erano finiti, due nuovi nemici si profilavano all'orizzonte: Norberto di Magdeburgo, fondatore di un nuovo ordine, quello dei Canonici Regolari di Prémontré (presso Laon, da cui il nome di premonstratensi), e Bernardo di Clairveux fondatore dell’ordine dei templari.
Abelardo viveva nel continuo timore di essere trascinato in un concilio o in un tribunale per essere giudicato come eretico o sacrilego.
In quel periodo gli venne proposto di dirigere un'abbazia, quella di S. Gildas de Rhuys (nei pressi di Vannes in Bretagna), che aveva perduto il suo abate. La proposta gli era stata fatta dagli stessi monaci di quest'abbazia che lo avevano prescelto, col consenso del signore di quella zona. Abelardo, avuto il consenso del suo abate e dei confratelli accettò, ma soltanto per sfuggire alle persecuzioni. L'abbazia si trovava all'estrema propaggine di una terra in prossimità dell'oceano.
Cosa ne è stato di Eloise?
Eloise, dopo aver preso il velo monastico, si trovava come abbiamo visto nel convento di Argenteuil dove era priora di grado inferiore solo alla badessa. In occasione della riforma monastica che si stava preparando per tutte le abbazie della Gallia, il convento passò sotto la giurisdizione dell’abazia di S. Dionigi e le monache furono costrette ad andare via. Quando Abelardo venne a sapere che le monache sarebbero state disperse tra i vari monasteri, donò loro il suo oratorio al Paracleto.   Il Papa Innocenzo II, confermò la donazione anche per tutte le monache che fossero arrivate in futuro, anche con l'ulteriore assenso del vescovo.
All'inizio in quel nuovo monastero le monache conducevano una vita povera. In breve tempo però, quelli che abitavano intorno al monastero, presi da benevolenza e compassione, le aiutarono a coltivare la terra. Eloise aveva tanta grazia agli occhi di tutti che i vescovi l'amavano come fosse una figlia, gli abati come una sorella, i laici come una madre, e tutti ne ammiravano lo spirito religioso, la saggezza, l'inimitabile dolcezza e pazienza. Eloise si lasciava vedere raramente, dedita, nel chiuso della sua cella alla preghiera e alla meditazione, per questo era ancora più desiderata e i suoi consigli spirituali ricercati. Dopo qualche anno (1136) Eloise divenne badessa del convento.
Anche in quest’occasione non poterono mancare accuse e insinuazioni nei confronti di Abelardo. Tutti quelli che abitavano nelle vicinanze del monastero accusavano Abelardo di non provvedere alla povertà del convento. Per questo motivo egli prese l'abitudine di recarsi al convento più spesso, per aiutare le monache in qualche modo.
Queste visite non fecero che suscitare invidie e mormorazioni e ciò che lui faceva per carità, era considerato come spudoratezza dai suoi detrattori i quali andavano dicendo che era preso ancora da desideri carnali e che non poteva sopportare di star lontano dalla donna che un tempo aveva amato.
 Abelardo interruppe le sue visite al convento, ma le sue disavventure non erano finite.   Norberto e Bernardo avevano preso dagli acerrimi nemici di Abelardo le consegne per vendicare i loro risentimenti e le loro invidie, non avevano dimenticato che vi era un uomo, in un angolo disperso della Gallia, che pur avendo, con il suo intelletto, illuminato gli studi di diverse branche del sapere umano, aveva avuto il torto di introdurre in quegli studi, nuovi percorsi che avevano anticipato i tempi a venire.
Il torto di quell'uomo era stato quello di aver entusiasmato, con la sua personalità, il suo carisma e l'arte raffinata della parola, torbe di allievi che lo avevano seguito in qualunque parte fosse andato a nascondersi.
Bernardo riesce a inscenare un processo nei confronti di Abelardo e a far emettere una condanna di eresia nei confronti di tutte le sue opere. Abelardo decide di rivolgersi al Papa e si mette in cammino per Roma facendo tappa a Cluny. L’abate di questo monastero era Pietro il Venerabile, che lo accoglie amorevolmente e lo convince a non andare a Roma e a fermarsi a Cluny.
Da qui scrive a Eloise «Mi vedrai presto, per fortificare la tua pietà con l'orrore di un cadavere e la mia morte, ben più eloquente di me, ti dirà che cosa si ama quando si ama un uomo». Abelardo chiede all'amata di seppellire il suo corpo nel cimitero del Paràclito.
La notizia della sua morte, avvenuta dopo due anni dal suo arrivo a Cluny, il 21  aprile del 1142, è data a Eloise da Pietro il Venerabile: «Cara e venerabile sorella in Dio, colui al quale dopo il legame carnale, siete stata unita dal legame più elevato e più forte dell'amore divino, colui col quale e sotto il quale avete servito il Signore, Questi... lo riscalda nel suo seno e nel giorno della sua venuta... lo custodirà per rendervelo con la sua grazia». Sepolto dapprima nel vicino eremo di Saint-Marcel (una dipendenza dell'abbazia di Cluny), nel dicembre dello stesso anno è traslato nel Paràclito, dove Eloise ne accoglie le spoglie. Alla sua morte, il 16 maggio 1164 anche Eloise vuole essere sepolta nello stesso loculo: una romantica leggenda riferisce che le braccia del cadavere di Abelardo si aprissero nel momento della deposizione della moglie.
I resti dei due amanti, già inumati all'esterno del Paràclito sotto un rosaio, spostati ancora all'interno, furono più volte ispezionati. Il convento fu venduto nel 1792 (ora ne restano dei ruderi), rispettando la tomba: nel 1800 il loro feretro fu trasportato a Parigi nel cimitero del Père Lachaise e l'anno dopo fu costruita una cappella. Ancora spostati nel 1814 al tempo della restaurazione monarchica, alla fine del 1817 furono finalmente ricollocati nella stessa cappella dove tuttora riposano.



Nessun commento:

Posta un commento