domenica 1 maggio 2011

L'urlo

L’atto fondativo delle prime comunità è stato probabilmente Il grido.Il grido segna l’inizio della vita sociale dell’uomo. Emanuele Severino nel suo libro “Il parricidio mancato” a proposito del grido scrive: “il grido sta all’inizio della vita dell’uomo sulla terra. Il grido di caccia,di guerra, d’amore, di terrore, di gioia, i dolore, di morte. ... L’uomo si raccoglie attorno al proprio grido, in assenza degli eventi che lo hanno provocato.  Al  grido sono legati gli aspetti decisivi dell’esistenza e nella rievocazione del grido le più antiche comunità umane non solo scorgono le trame che le formano, ma annodano stabilmente i fili della trama, cioè si stabiliscono e confermano nel loro essere comunità umane”.
Edvard Munch nella sua opera  “L’urlo” rievoca  momenti di terrore e angoscia vissuti in prima persona: «Passeggiavo con due amici quando il sole tramontò. Il cielo divenne all’improvviso di un rosso sangue. Io mi  fermai, mi appoggiai stremato a un parapetto. Il fiordo di un nero cupo, bluastro, e la città erano inondati di sangue e devastati dalle fiamme. I miei amici proseguirono il cammino, mentre io, tremando ancora per l’angoscia, sentii che un grido senza fine attraversava la natura».
Il grido di Gesù: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” esprime non solo la profondità e l’intensità della sua sofferenza ma anche il sentimento di desolazione e di abbandono.  Quel grido di dolore e di abbandono di Gesù è il grido che ogni uomo dovrebbe accogliere e farlo proprio per riconoscerlo nei drammi di questo mondo, nelle povertà materiali e spirituali, nelle sofferenze più atroci, nel peccato, negli orfani abbandonati, in tutte quelle persone separate o divorziate, in quei genitori che hanno perso i figli, in quelle persone che hanno perso il fratello o l'amico, la moglie o marito.

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